Imprese resistenti alla crisi con più capitale e aggregazioni

Autori: Primo Ceppellini e Roberto Lugano
Testata: Il Sole 24 Ore

La crisi economica che si profila all’orizzonte dovrà essere affrontata con misure straordinarie anche in campo fiscale. Se si vuole veramente incidere, occorrono interventi diversi dalla logica seguita fino ad oggi, basata solo sulle priorità di evitare cali di gettito con un utilizzo smisurato di burocrazia dagli effetti disincentivanti. Il fisco può diventare un driver per offrire alternative alle imprese sia nel superamento dell’esigenza più urgente, che è quella di disporre di liquidità (ad esempio incrementando il ricorso a mezzi propri), sia per favorire la crescita dimensionale, creando un sistema di soggetti più solidi ed evitando che realtà di piccole-medie dimensioni scompaiano con il loro bagaglio di conoscenze. Analizziamo alcuni aspetti, prescindendo da considerazioni di copertura e di gettito.

La capitalizzazione

L’aiuto alla crescita economica (Ace) è teoricamente un meccanismo sensato, ma nel corso del tempo è diventato complicato e, soprattutto, insignificante. Se si vogliono spingere i soci a investire le loro finanze nell’impresa, il premio deve essere elevato, sotto un doppio profilo:

  • le somme versate a titolo di capitale e gli utili accantonati devono generare una quota di reddito esente per un importo significativo che tenga conto del rischio effettivo del socio investitore che immette o lascia liquidità nel patrimonio aziendale (in passato il coefficiente è stato al massimo il 4,75%; oggi si dovrebbe forse raddoppiarlo);
  • quando la società potrà distribuire dividendi, le ritenute (sulla parte di dividendo proporzionale all’apporto di nuova liquidità) dovrebbero essere ben inferiori all’attuale 26 per cento…

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